Viviana

Viviana fa l’architetto e non le piace il Centre Pompidou. Si è ritrovata con una mezza giornata disponible, e ha girato per tutta la città, ma lì ci è entrata solo per pochi minuti, per poi sgattaiolare nelle strade del Marais. Ci ha raggiunto per tempo, e scherzando abbiamo parlato della sfortuna che il Louvre fosse chiuso proprio di lunedì, e che mannaggia aveva sbagliato scarpe per il giro lungo che si è trovata a fare.

Continuiamo a ridere e a scherzare, poi comincia a parlare di sua madre, del suo entusiasmo e coraggio nella vita politica: una rarità! Me la immagino, la sua mamma, alla mia età, lottare con passione, e strappare tempo da passare con la sua bimba, che  ha appena 10 anni. Poi tre colpi di pistola. Sono lì di fianco a Viviana,  sul palco, traduco quello che dice per gli amici francesi in sala, ma faccio una bella fatica, perché anche se la storia di Renata Fonte la conosco, mi vorrei permettere anch’io la lacrima liberatoria di molte persone nel pubblico, ma se si mette a piangere la traduttrice, che fine facciamo?

Grazie Viviana, per essere venuta qui a raccontarci della tua mamma e per esserti presa l’onere (o l’onore, come dici tu), di occuparti di Libera Memoria. Grazie perché nella semplicità di questo incontro mi sono resa conto che possiamo permetterci di non essere per niente d’accordo sul Centre Pompidou, perché non sei schiacciata nel ruolo di vittima di mafia, ma sei Viviana, architetto, e anche nei nostri gusti diversi celebriamo la vita che abbiamo il lusso di vivere e di vivere alla grande: auguri, Viviana!

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