Danza tribale di migliaia di budella

nel mio centro è il mio corpo:
nel mio principio è la mia parola

Edoardo Sanguineti, A-Ronne

Io ho un grosso problema con le tossicodipendenze. Nel senso che le persone che si drogano proprio non le capisco. Cosa ti droghi a fare, se puoi avere accesso all’arte? Se puoi andare a sentire Myung Whun Chung che dirige Le Sacre du Printemps con la sua (e mia 🙂 ) Orchestre Philharmonique de Radio France. Se puoi andarti a vedere A-Ronne II, lo spettacolo tratto dall’opera radiofonica di Luciano Berio con regia di Ingrid von Wantock Rekowski. In entrambi i casi, con effettivi opposti (5 cantanti e basta per A-Ronne, 130 musicisti per Stravinski), smetti di essere solo pubblico abbastanza in fretta, cominci a sentirti acchiappato per le viscere e strattonato sbeng sbeng da un parte all’altra dell’universo. Dalle viscere questo shakeraggio passa al cervello, e senti che sbeng sbeng tutte le cavolate per cui ti preoccupi evaporano. Sbeng sbeng, hai ancora la lucidita’ per riflettere sul senso del rapporto tra corporeita’ e intelletto, nonche’ il senso della storia tra ritmo primitivo e contemporaneita’, e poi a furia di sbeng sbeng, dimentichi tutto, tutto e’ stupore, e alla fine stai solo bene e senti che sei un uomo (o donna) libero per godere del creato e dare il meglio di te stesso. E la cosa divertente e’ che l’altro migliaio di persone che erano accanto a te hanno avuto la stessa esperienza.

Poi ci deve essere una qualche magia nera che fa evaporare l’effetto durante la notte altrimenti il mondo sarebbe visibilmente un posto migliore. O forse e’ che non si va abbastanza spesso a teatro. Altrimenti sarebbe tutto diverso, e’ evidente.

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